Buche nella sabbia e passione autobiografica


I bambini amano scavare buche nella sabbia. Amano giocare con quello che sta sotto i loro piedi, perché sono curiosi. Vogliono andare in profondità. Ora so che esistono almeno due tipi di buche: quelle che servono a tirar fuori e quelle che servono per mettere dentro. Interrare o disseppellire? Nascondere o svelare? Appropriarsi o lasciare? Sia l’una che l’altra sono apparenti e complementari. Va tutto bene, purché sotto alla fine ci sia il mare. E nemmeno allora si estingue il desiderio di aprire nuove buche. C’è sempre qualcosa ancora da fare, qualche mistero da svelare. 


Ecco... la mia sensazione è che l’attività di aprire voragini implichi lo stesso processo di ricostruzione della ricerca autobiografica. Scrive D. Demetrio: “Non manca, durante il viaggio autobiografico, la simultanea scoperta di essere alla ricerca del centro”. 
Scrivere la propria storia non è solo un esercizio della memoria o un semplice recupero delle pagine perdute della nostra infanzia. Si ripercorrono gallerie ancestrali, alla ricerca di una “risignificazione del presente”*


In questo senso l’esperienza sublime della rivelazione è sempre introdotta da un clima di calma inattesa, in cui tutto quello che si aveva da dire è stato detto e non c’è più nulla da fare. 
Quand’è infatti che i bambini scavano buche nella sabbia? Di solito quando non posso fare il bagno, perché hanno appena mangiato. Più in generale direi quando sono lasciati liberi di annoiarsi. La passione autobiografica e più in generale il percorso di umanizzazione, hanno bisogno di partire da qui, da questo tempo vuoto da riempire. 

Riappropriarsi di quel tempo è la vera sfida da affrontare oggi, dove tutto sembra spingere alla corsa folle e disperata verso non si sa verso che cosa. La noia fa paura, spaventa, e allora cerchiamo di non lasciare buche scoperte nella settimana dei nostri bambini. Il punto è che educare non significa riempire. Lo affermava già Socrate. Educare significa semmai accendere. 
I bambini aprono buche nelle sabbia e noi le riempiamo. Perché abbiamo paura di inciampare? Il fallimento, l’inciampo o il file perduto per un errore irreversibile del sistema, oggi sono nemici da scongiurare. 
Ma una pagina perduta non ci da forse la possibilità di essere riscritta meglio di prima? 

Daniele


*Duccio Demetrio, raccontarsi, l'autobiografia come cura di sé, 1996, Cortina Raffaello

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