Starcraft e l'educatore: micro e macro gestione nel lavoro educativo

di Daniele Angius


Lo ammetto: sono appassionato di videogiochi. Non di tutti, ci mancherebbe. Ma di uno in particolare. Si chiama StarCraft ed è un gioco militare di strategia in tempo reale. Non voglio annoiarvi con i dettagli vi dico solo che questo gioco, per complessità, è equiparato al gioco degli scacchi. Tra parentesi: il campione mondiale di Starcraft è italiano! Chiusa parantesi.
Le abilità del giocatore si muovono su due livelli. Il primo è quello della micro gestione e consiste nel sapere posizionare le proprie truppe sul campo. Si tratta di un'abilità primaria che richiede precisione e un'elevata capacità di rispondere efficacemente alle mosse dell'avversario. Traslando questa competenza nel lavoro educativo potremmo dire che si tratta di gestire efficacemente la quotidianità dei nostri "clienti", e dell'equipe.
C'è poi un secondo livello che spesso viene sottovalutato. Per tornare al gioco si tratta di un livello gestionale di ampio respiro, una macro-gestione, che consiste nell'avere un buon supporto in termini di risorse (senza risorse non si creano truppe) e un ordine di costruzione che sappia aderire il più possibile allo stile di gioco che vogliamo adottare. Nel lavoro educativo questo livello coincide con la progettazione educativa. Progettare, lo sappiamo, è faccenda adulta e noi diventiamo adulti proprio quando siamo mentalmente in grado di determinare un piano di intervento che ci permetta di trovare la nostra misura nel mondo. Si tratta di stabilire una rotta. Di chiedersi dove vogliamo andare a parare e orientare le nostre scelte in modo da rendere quegli obiettivi dei traguardi raggiungibili.

Vengo al punto. Noto sempre più spesso che gli educatori non vengono invitati agli incontri di rete. Più in generale ancora, mi sembra, che i referenti delle cooperative tendano a escludere la figura dell'educatore dalle strategie progettuali, chiudendolo nel recinti di una quotidianità sempre più pressante e esasperante. Ne deriva un approccio alla professione basato essenzialmente su meccanismo di micro gestione, in cui la cosa più importante è portarsi a casa la giornata ottimizzando al meglio le risorse presenti in quel momento, e niente di più.
Ebbene la mia esperienza mi insegna che questo crea malcontento e insoddisfazione in tutti gli attori coinvolti.
Per tutti gli operatori sociali, abilitare il luogo della macro gestione (dello sguardo lontano) vuol dire, non solo aderire al mandato professionale che ci si era prefissato durante gli anni di formazione, ma anche sviluppare una capacità mentale orientata all'ascolto alle altrui convinzioni.
Non sarebbe meglio se i vari referenti accettassero di rinunciare a pezzetti di potere, delegando le scelte a chi lavora sul campo?
Chiedo per il solito amico.



Tutte le reazioni:

Commenti

Post più popolari