La Sfera di Buga: Un Messaggio dal Passato o una Sfida per il Futuro?

 

Immaginate di trovarvi in una remota campagna colombiana, a Buga, nel marzo 2025. Una sfera metallica, lucida e perfetta, atterra dolcemente dopo un volo zigzagante, come se fosse guidata da un’intelligenza invisibile. Pesa 2 chili, poi 9,9 chili, poi 9—un enigma fisico. Sulla sua superficie, un’incisione: 16 punti neri disposti in modo radiale, quattro rettangoli concentrici che sembrano un microchip, e un piccolo serpente stilizzato al centro. È un artefatto antico? Una tecnologia extraterrestre? O una provocazione per la nostra immaginazione? 

Oggi vi porto in un viaggio che collega civiltà lontane, simboli universali e il mistero di ciò che ci rende umani.




Quando ho visto per la prima volta l’incisione della sfera di Buga, sono stato colpito dalla sua complessità. I 16 punti neri, distribuiti come 4 + 3 + 3 + 3 + 3, suggeriscono un ordine, una struttura. È un caso che una tavoletta babilonese, scolpita migliaia di anni fa, mostri una stella con 16 raggi, simbolo del dio sole Shamash? I Babilonesi guardavano il cielo, mappavano stelle, e forse codificavano conoscenze che ancora non comprendiamo. Ma i rettangoli concentrici della sfera—così simili a un microchip—ci riportano al presente, alla tecnologia. E quel serpente centrale? In Mesopotamia, il serpente era saggezza; in Egitto, protezione; in India, energia Kundalini. È come se la sfera fosse un ponte, un messaggio che attraversa culture e millenni.


Comparazione del circuito inciso sull'oggetto con la stele babilonese che raffigura il dio sole Shamash


Ho cercato paralleli in altre tradizioni. Gli yantra indiani, con i loro motivi concentrici, evocano i rettangoli della sfera. I mandala taoisti cinesi, con 16 divisioni del cielo, risuonano con i suoi punti. I Maya veneravano il serpente piumato Quetzalcoatl, e i Celti incidevano ruote solari con 16 raggi. I Dogon dell’Africa parlano di 16 stelle nel loro cielo cosmico. E in alchimia, l’uroboro—un serpente che si morde la coda—simboleggia l’eternità. Ovunque guardiamo, troviamo frammenti di questo puzzle: radianza, concentricità, trasformazione. La sfera sembra raccogliere archetipi universali, come se volesse dirci: “Siamo tutti connessi.”




Ma c’è un’ombra in questa storia. La “Germany Company”, che ha documentato la scoperta, non ha un sito web. Questo potrebbe far escludere l'ipotesi che si tratti di una campagna di marketing orchestrata proprio dall'azienda per aumentare la propria visibilità. Ma nello stesso tempo, l'assenza di documentazione e riferimenti relativi a questa azienda impensierisce non poco.

Jaime Maussan, noto (e anche controverso) giornalista messicano, ipotizza il collegamento con la sfera con i “chip quantici”, ossia di componenti elettronici che utilizzano i principi della meccanica quantistica per elaborare informazioni.

"Tutte le esperienze potenziali esistono all'interno del campo quantistico come un mare di infinite possibilità" Spiega DR. Joe Dispenza nel suo libro La fisica quantistica nella vita quotidiana (2012). "Quando trasformi il tuo segnale elettromagnetico in modo che si adatti a uno già esistente nel campo il tuo corpo sarà attraversato dall'evento, tu ti muoverai in una nuova direzione temporale o l'evento di verrà incontro".


 È possibile che la sfera sia un artefatto moderno, progettato per catturare la nostra immaginazione? Forse. Eppure, non possiamo ignorare il potere dei suoi simboli. Ci sfidano a pensare oltre i confini del tempo, a immaginare che le civiltà antiche avessero conoscenze che abbiamo dimenticato—orizzonti che dobbiamo ancora esplorare.

La sfera di Buga ci insegna che il passato non è mai davvero lontano. È un promemoria che la curiosità, non le risposte, ci spinge a guardare avanti. Come diceva Frida Khalo 


"a vedere orizzonti, dove tutti disegnano confini" 


Forse un giorno scopriremo che i Babilonesi sapevano più di quanto immaginiamo—o forse troveremo un microchip nello spazio, inciso con un serpente, che ci dirà: “Ehilà, vi abbiamo battuto sul tempo!”

D.A.

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