Attesa di meraviglia


Africa. Due donne lavorano con mortaio e pestelli ai piedi di un grande albero. Tum. Tum. Tum. Due bambini escono correndo da una capanna spaventando uno stormo di uccelli. L'inquadratura si stringe. Ecco la casa, una piccola casa circolare con il tetto a punta e le pareti color tramonto. Dentro, in controluce, una donna. Ha il seno scoperto e un vestito viola, arrotondato sul ventre. 


"Mamma, mettimi al mondo!"

"Un bambino che parla nel ventre di sua madre, si mette al mondo da solo"

Sono le prime sequenze dal lungometraggio di Michel Ocelot, Kirikou et la sorcièr, e racconta in tre semplici passaggi la nascita di Kirikou, o meglio: la sua volontà di nascere, e il suo grande coraggio. Ma non è solo questo. La voce della mamma di Kirikou ci inaugura alla vita, inscrivendola nell'ordine di senso. Quel suo primo volto ci ricorda che siamo in comunione con il tutto, che condividiamo il medesimo viaggio e la stessa “strega” da combattere.

Ora so bene che non è nello spazio limitato di uno schermo che ci si prepara alla vita. Ma certe immagini (così sapientemente create) sanno condurre verso il cuore della vita stessa e per questo credo che abbiano un potere terapeutico. Sono come certi capolavori artistici. Ti lasciano addosso un senso di fiducia che le cose abbiano un senso. Insomma fanno bene. 

Per questo ci piace molto questa scena. Quei due minuti di video sono diventati per la mia famiglia una specie di pre-favola della buona notte. Un momento di intimità attorno al focolare, in cui si smette di parlare e si è parlati. Nostro figlio ormai se le aspetta. Quando dopo cena faccio partire il video, ha già il sorriso pronto. 


"Io mi chiamo Kirkou!"


E mentre Kirikou gattona fuori dalla pancia di sua madre, nel mondo reale anche Olmo si lascia andare tra le braccia di sua mamma, con quei suoi occhi grandi e pieni di intelligenza spalancati sullo schermo.

Non so che cosa provi. Ma mi piace pensare che abbia quella stessa attesa di meraviglia che abbiamo noi adulti. In fondo il suo stupore non può basarsi su una comprensione intellettuale di quello che sta accadendo nello schermo, ma su un senso generale di bellezza. E la bellezza ha a che fare con il cuore, più che con la mente. 

E questo è la lezione più importante, secondo me. Dovremmo tutti imparare a guardare le cose come lui. E tornare un po' bambini. 

Daniele

Commenti

Post più popolari